Siamo Ragazzi

Siamo ragazzi sono nove racconti di adolescenti che si trovano a fare i conti con le difficoltà e i problemi di tutti i giorni, dal bullismo alla droga, dalla violenza in famiglia al razzismo, alla criminalità.

Nel racconto “Una ragazza coraggiosa” Surita si ribella alle assurde imposizioni del padre che la vogliono obbediente e rassegnata a un matrimonio combinato e sfida le tradizioni della propria cultura, con tutte le conseguenze che ne possono derivare.

In “Il sogno di Assad” il protagonista si trova faccia a faccia con i pericoli nascosti tra le pieghe dei suoi stessi desideri. Assad ha un sogno e per realizzarlo lascia la sua famiglia e la sua terra e affronta un futuro pieno di incognite. Presto però toccherà con mano quanto possa essere egoista l’animo umano e quanta indifferenza possa nascondere.

“Controvento” narra la storia di Chiara. Anche lei ha un sogno, il suo però è un sogno scomodo, che la porta lontano dalle mode e dai gusti dei suoi coetanei e che una volta svelato la rende impopolare, emarginata e segnata a dito da tutti. Perché è più facile seguire l’onda piuttosto che viaggiare controcorrente.

Incipit

Giro di boa

Andrea si guarda allo specchio, spalma un altro po’ di gel sul ciuffo, sistema una ciocca che fa i capricci. Ecco, adesso ci siamo. Si guarda di nuovo, accenna un sorriso, apre la bocca, mette in mostra i denti, si gira di lato, controlla il profilo. Ha bei capelli di un castano dorato, naso regolare, appena un po’ arcuato, labbra segnate e occhi scuri.

Non è brutto, anzi si trova piuttosto carino, allora perché non ha ancora mai baciato una ragazza? La maggior parte dei suoi amici l’ha già fatto, alcuni si vantano perfino di averne una fissa, lui invece queste cose le ha vissute solo nella fantasia.

La verità è che non ci sa fare. Appena si trova davanti una ragazza che gli piace, va in tilt, s’imbarazza, arrossisce, la lingua gli si appiccica al palato, la gola gli si secca, non sa cosa dire. Si sente un cretino, perciò trova un pretesto e se ne va.

Pure da piccolo è sempre stato introverso. Stava bene anche da solo, col suo tablet, la televisione, i compiti.

Ha pochi amici, due per l’esattezza, e soltanto con loro è completamente a suo agio; con gli altri invece si sente insicuro, sempre un passo indietro.

È l’ultimo di quattro fratelli, tutti maschi e tutti in gamba, che hanno contribuito a gettare al macero le sue poche sicurezze. Uno è un genio del computer, un altro, l’unico che ancora vive in casa con loro, sta per diplomarsi a pieni voti al Conservatorio e il maggiore lavora in banca. Accanto a loro Andrea si considera una specie di brutto anatroccolo.

Non eccelle in niente né ha una particolare passione da coltivare. È un banalissimo quattordicenne pieno di fragilità che sta per affrontare il suo primo giorno di scuola alle superiori.

Guarda l’orologio. Se si ostina ancora a rimanere in bagno arriverà tardi e dovrà entrare in classe per ultimo. Tutti appunteranno lo sguardo su di lui ed essere oggetto degli sguardi altrui è una delle cose che lo mettono enormemente in imbarazzo.

Perciò si decide ad aprire la porta, afferra lo zaino mezzo vuoto, saluta sua madre dal corridoio e scende le scale.

Fermata dell’autobus, pendolari che vanno al lavoro, ragazzi che chiacchierano tra loro, arriva il 56, si sale, chi spinge di qua, chi spinge di là, non c’è verso di trovare un posto a sedere. Niente è cambiato rispetto alle medie, anche per andare nell’altra scuola doveva prendere l’autobus e farsi largo a spintoni per trovare un po’ di spazio che non fosse di fianco al portello di uscita.

Per strada si va al ralenti. Traffico dell’ora di punta, clacson, gente a piedi, in macchina, facce lunghe di fine vacanze, una mamma che infila un panino nella cartella di sua figlia. Quando riaprono le scuole è sempre la solita storia, la città sonnolenta si rianima: genitori, nonni, insegnanti, gestori di cartolerie, di forni, di rosticcerie, autisti di navette, un universo intero gravita attorno a quella piccola folla di bambini e adolescenti che si rimette in moto dopo il letargo estivo.

Venti minuti ed ecco l’istituto “Alessandro Volta”.